Maria Pia e la Cultura

Quando agli inizi degli anni Novanta Maria Pia ebbe "l'avventurosa" idea di creare una cooperativa di servizi per il turismo a Lucca, lei e le sue giovani collaboratrici stavano in realtà dando vita ad un progetto che a distanza di più di vent'anni continua a dare i suoi frutti. "Avventurosa" è proprio la parola giusta perchè la Cooperativa Idea, oggi Idea Società Cooperativa, è stata alla nascità un vero e proprio salto nel buio, un gettare il cuore oltre l'ostacolo e non un progetto basato su concreti presupposti. Come però spesso accade a chi vuol credere in ciò che fa, e Maria Pia in questo era maestra, i risultati ottenuti sono andati ben oltre le aspettative iniziali e l'Idea oggi è certamente una delle "creature" di cui Maria Pia andava più orgogliosa.

E giustamente. La gestione del Complesso Museale della Cattedrale di San Martino, il progetto multimediale della Francigena Entry Point, le svariate collaborazioni al servizio della promozione e valorizzazione dei beni della città, sono tutti obiettivi che Maria Pia ha fatto suoi e non solo, perchè in questo modo è stato reso alla comunità un doppio servizio: non solo la tutela delle cose ma anche, e soprattutto, la creazione di nuovi posti di lavoro, altro tema che le stava particolarmente a cuore e per cui  si è spesa con grande generosità.

In tutti questi anni sono stati davvero tanti i giovani e anche i meno giovani che grazie ai canali della Cooperativa hanno potuto trovare un'occupazione, alcuni in modo stabile, altri partendo da qui per approdare più lontano, e non vogliamo dimenticarci delle persone già avanti con gli anni che collaborando ai numerosi progetti di volontariato hanno potuto "rinverdire" una loro passione o la loro vecchia professione. Cose e persone, quindi, al centro di questo piccolo mondo che Maria Pia ci lascia e che oggi più che mai ci sentiamo di dover portare avanti, per onorare il suo lavoro e la sua memoria e perchè un giorno possa essere anche la nostra eredità a quelli che verrano.

“L’esperienza di gestione del Museo della Cattedrale di Lucca “ di Maria Pia Bertolucci

Arezzo, 22 novembre 2000

Prima di entrare nel merito dell’argomento assegnatomi, vorrei fare due premesse piccole, che mi renderanno subito impopolare ma che, a mio parere, sono importanti.

Chi gestisce un Museo o un complesso museale o simili, ha una grossa responsabilità: non tradire la missione del Museo che non è solo conservazione, ma fruizione del maggior numero di persone che crescano culturalmente ed umanamente da una visita al Museo e che ne sentano la gratificazione. La  responsabilità, per paradosso, è maggiore nei confronti di chi non viene al Museo, di solito le persone che più ne hanno bisogno.

La seconda considerazione è: ciascuna cosa e/o lavoro che facciamo, lo dobbiamo fare con il massimo impegno ed entusiasmo, da innamorati, con lo stupore e il fascino del nuovo che spinge sempre oltre, a cercare ancora. Lo dobbiamo fare in maniera creativa, il che comporta interessanti sviluppi economici e motivazionali.

La realtà che devo presentare, a Lucca, è una realtà museale ecclesiastica composta – al momento – da tre strutture: il Museo della Cattedrale e la chiesa di San Giovanni (entrambe aperte nel 1992), a cui si è aggiunta, dal gennaio 1996, la sacrestia del Duomo dove è collegato il monumento funebre di Ilaria del Carretto.

All’inizio la nostra Cooperativa agiva per conto della Cattedrale, praticamente prestando il personale, ed a fine mese rimetteva la fattura delle prestazioni svolte. Nel giro di pochissime settimane l’accordo saltò perché i soldi degli incassi non bastavano.

            (Per questa ragione fu proposta la chiusura del Museo, fatta salva un’apertura ridotta e stagionale che giustificasse il forte investimento che vi era stato fatto n.d.r.)

Facemmo allora la proposta dell’autogestione, in proprio, dell’intero complesso: i soci alternavano mesi di volontariato, ad altri in cui erano assunti a tempi determinato. Fino al 1995 compreso. Nel dicembre di quell’anno fu trasferita Ilaria del Carretto dal transetto della sacrestia del Duomo (per motivi di staticità del medesimo) e questo fatto ha consentito di passare da circa 35.000 visitatori ad oltre 120.000 (nel 1996) mentre per l’anno 1999 sono stati circa 150.000. Quest’anno prevediamo di avere un calo di oltre il 10% a causa del Giubileo e del Summer Festival.

Dal 1997 la Cattedrale ha una convenzione con la Cooperativa che prevede per questa una relativa autonomia circa la gestione delle strutture, e per la Cattedrale il vantaggio di non avere alcun onere né preoccupazione per la gestione.

La Cooperativa si è accollata tutte le spese relative al personale (stipendi, T.F.R...) e quelle della gestione del Museo e della Chiesa di S. Giovanni; inoltre viene riconosciuta alla Cattedrale un contributo del 17% dell’incasso complessivo. Addirittura se tale somma superasse 500 milioni annui, sulla differenza la Cooperativa verserà alla Cattedrale il 75% degli incassi. C’è un ulteriore vantaggio con la convenzione stipulata come la nostra: la Cooperativa ha interesse a incassare di più, a far lavorare di più, ecc..., per cui tiene aperto l’intero complesso per 7 giorni alla settimana, senza giorno di chiusura (anche se nell’inverno l’orario è ridotto).

Abbiamo quindi organizzato un grosso rischio di impresa – che “strega” molto di più del lavoro dipendente e subordinato; abbiamo la certezza di essere protagonisti del nostro presente ed in fondo, di essere ciascuno indispensabile all’altro: è un’impressione che dà molta carica ed impegna enormemente con risultati assolutamente straordinari.

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Lo sforzo che abbiamo fatto è stato l’impegno appassionato di tutti noi e l’importante è che ci ha creduto anche la Cattedrale e direi, la Diocesi, e l’Arcivescovo Tommasi in prima persona. La Cattedrale che si è affidata ad un gruppo di giovani e la Cooperativa che si è accollata una convenzione onerosa, ma che, con molto impegno, riesce ad onorare.

C’è una grossa partecipazione emotiva in tutto questo e la ritengo il valore aggiunto, la chiave di volta dell’operazione. L’aver costituito il gruppo – che viene via via cresciuto – è stata davvero la molla vincente. Scarsa è la malattia ed i turni saltati dal personale perché non sono semplici dipendenti, ma soci lavoratori: ciascuno responsabile del proprio lavoro.

Tutti cooperatori, tutti in tensione per dare il massimo impegno. Questo a dimostrazione che quando una persona lavora in un ambiente stimolante, convincente, ha maggiore motivazione e convinzione: in una parola è più contenta e lavora di più e meglio.

È uno sforzo fare questo. Finora l’avevamo fatto quasi spontaneamente con qualche mia sfuriata, ma capendone il forte significato abbiamo deciso di farlo come scelta culturale e sociale (Questo infatti è il nostro vero capitale sociale, che niente ha a che fare con il TFR, con la 14° ecc.).

Ma quando i visitatori non bastano? Quando i biglietti non sono sufficienti? Offro delle provocazioni su cui ogni realtà può lavorare adattandola alle proprie esigenze e situazioni.

Oltre alla normale attività di apertura del Museo può essere utile organizzare periodicamente degli eventi culturale e/o musicali che abbinano l’utile e il dilettevole.

È naturalmente indispensabile allestire un banco vendita. Non si tratta di un’attività commerciale in senso stretto, ma di un vero e concreto prolungamento del servizio del Museo, luogo dove il visitatore può trovare la riproduzione che lo ha colpito durante la visita, quella che l’ha mosso a pervenire, il ricordino della struttura…

Se c’è spazio a sufficienza non sarebbe male realizzare nel circuito del Museo dei laboratori di restauro e conservazione, un corso di ascolto musicale o di artigianato: possono offrire informazioni ed orientamento a chi vuole fare un intervento di restauro ma anche essere laboratori operativi.

Collegata a quest’ultimo aspetto c’è tutta la attività di formazione per creare professionisti pertinenti all’attività museale: artigiani, ma anche schedatori, fotografi, storici dell’arte, ecc… certamente questa attività deve essere svolta in collaborazione con le Pubbliche Istituzioni e questo consente di tenere l’attenzione sempre desta intorno al Museo, da parte di tutti: ed anche questo non è assolutamente scontato, ma è altresì indispensabile.

Gli affitti e i contributi per ospitare questa attività concorrono ad aumentare il “montesoldi” necessario per la gestione del Museo, ed inoltre le attività coinvolgono intorno al Museo persone ed operatori del settore.

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Altra iniziativa da progettare è “l’abbonamento al Museo per eventi locali”: la banca cittadina, il Comune, l’Azienda che organizza un convegno sono spesso alla ricerca di qualcosa di particolare da offrire ai partecipanti ed agli ospiti.

Ma la vera svolta per la valorizzazione di un Museo si ha, per quanto riguarda la nostra esperienza, dal chiedere aiuto: chiedere tempo, soldi, competenze, idee… è difficile coordinare tutto e tutti ma è ricchissimo chi lo sa fare lo sa fare bene. Con un’aggiunta di energie si può attivare lo slogan che abbiamo coniato “il Museo fuori di sé”: il Museo che inventa iniziative, che coinvolge persone e che al contempo ne riceve un grosso potenziamento, il Museo che va alla gente che non va al Museo.

Per questo a Lucca abbiamo costituito una associazione (Terzo Millennio) che affianca la cooperativa e che fa “volontariamente” alcune iniziative di valorizzazione del Museo (oltre alle altre attività dell’Associazione: custodia in Cattedrale, ceramica, le schede guida….).

L’Associazione si inserisce negli interstizi dell’attività ordinaria, facendo cose straordinarie: la raccolta di fondi per iniziative particolari, servizi supplementari che con le normali risorse non si possono risolvere, una forma di pubblicità “passaparola” sul pubblico lucchese che è molto importante (specie in bassa stagione). Il ruolo del volontariato è prezioso perché consente di educare la cittadinanza all’importanza delle opere d’arte ecclesiastiche, alla loro conservazione e alla loro potenzialità per l’evangelizzazione attraverso l’arte.

Su questo tema “dall’arte alla fede” siamo ai primi vagiti, ma ritengo che tra non molto tempo avremmo delle grosse sorprese. L’Ufficio Beni Culturali della CEI ad esempio, sta sostenendo tutte le Diocesi che collaborano con il volontariato:ed è stato di grande impulso e novità.

Inoltre l’associazione in alcune situazioni, consente di superare ostacoli, facilita l’organizzazione di eventi in città…

Ma i beni culturali ecclesiastici possono essere pubblicizzati e valorizzati utilizzano tutti gli strumenti comunicativi che sono ormai alla portata di tutti: sito internet, posta elettronica, dépliant con altri musei a tema, a soggetto o qualunque altro suggerimento.

Per fare un salto di qualità in avanti si può cominciare a progettare, almeno per realtà omogenee, una promozione unica: dal dépliant fino al biglietto cumulativo per tutti i musei ecclesiastici della regione Toscana… oppure a scambi tra ospiti di un Museo che si gemella con un Museo di un’altra zona di Italia. Queste ambizioni potrebbero essere tradotte in solidarietà a sostegno da parte delle strutture più grosse per quelle più gracili e deboli, con reciproci vantaggi.

Su tutto questo dobbiamo coinvolgere anche gli Enti Pubblici: credo che sarebbero ben miopi quelle amministrazioni che non capissero la valenza di un Museo che va in tante direzioni: non solo nella mera conservazione, ma anche nella formazione e nella creazione di nuove possibilità occupazionali, svolgendo funzione educativa, culturale e, perché no, spirituale e di elevazione dal nostro tran tran quotidiano.

Concludo con una nota di speranza: l’avventura che abbiamo davanti è fortemente esaltante e stimola tutti noi a correre in fretta. L’importante è guardarsi intorno e chiamare a raccolta tutte le persone che ci credono, che ci si buttano: se tutti crediamo che il bene di uno è il bene di tutti (leggi che la valorizzazione di un Museo è la valorizzazione delle ricchezze storico artistiche spirituali di tutti) allora si possono realizzare cose straordinarie. Ma ciascuno di noi deve liberarsi da tante tentazioni di gelosia, di campanile, di localismo. E’ al contrario necessario un colpo d’ala affinché ciascuno sia spronato ad osare di più.

Morte di Maria Pia Bertolucci:
il cordoglio del sindaco Tambellini

L'improvvisa e prematura scomparsa di Maria Pia Bertolucci ha colpito profondamente tutti noi che l'abbiamo conosciuta come donna dotata di grandi qualità e competenze ma soprattutto di energie quasi inesauribili. Oltre al suo lunghissimo impegno nel volontariato la ricorderemo per l'importante contributo per la valorizzazione dei beni culturali di Lucca e per lo sviluppo del sistema turistico-culturale della città. Maria Pia Bertolucci ha rappresentato in questi settori una delle personalità più autorevoli e attive del nostro territorio.

 

Maria Pacini e Francesca Fazzi Editore

“Il coraggio, la voglia di vivere, la tenacia, la passione, la forza della fede sono un patrimonio che Maria Pia Bertolucci lascia a tutti quelli che l’hanno conosciuta e ne hanno potute apprezzare le doti umane. Un lascito che la forza di Maria Pia anche nell’affrontare la grande sfida di dolore che la malattia le ha imposto resta un grande
insegnamento per tutti. E’ con questo pensiero che salutiamo Maria Pia Bertolucci una donna che con il suo impegno, con il suo lavoro, ha testimoniato i suoi valori morali e religiosi.

 

Andrea Colombini - Presidente del Puccini e la sua Lucca Festival.  A nome personale e del Festival

Ricordare Maria Pia, Mapi, in questa occasione potrebbe essere una occasione triste.
Ma i ricordi, le esperienze, i progetti e gli anni - più di 25 - di amicizia vissuti insieme sono stati sempre così "vivi", stimolanti, talora divertemti, spesso duri - eravamo e son sempre due persone di carattere forte, spesso i nostri incontri potevano sembrare scontri "tra titani" ma in realtà finivano sempre bene e col sorriso...-, ma mai noiosi che, mi capirete, per me ricordare Maria Pia è prima di tutto un grande piacere, una occasione di gioia.

Anche se Maria Pia non è più con noi, è per me un grande piacere ricordare una persona della quale potrei narrare episodi tanti da riempire un libro. Mi basta però riprendere in mano il santino distribuito in occasione delle (meritatissime) esequie nella Cattedrale di San Martino, con quella foto sorridente e battagliera insieme. E quel motto che non mi dimenticherò mai, un motto che non solo la dipinge per
come era ma esprime tutta la sua filosofia di vita: "Non lasciò niente di intentato".

Una volta, parlando del nostro Puccini e la sua Lucca Festival, un festival che Maria Pia mi aiutò in prima persona a far nascere e fortificare - anche mettendosi "le mani in tasca" come solo i grandi veri fanno, in questa Italietta dove "tutti fanno si, ma con i soldi degli altri" (altra sua citazione...) - Lei mi guardò e mi disse "Andrea, il Signore è stato generoso con te e con me, abbiamo lo stesso destino. Ne abbiamo passate e ne passeremo ancora tante ma il giorno che non ci saremo più, saremo ricordati da molti, chi siamo e cosa abbiamo realizzato. Ci sono troppi intorno a noi che sanno bene che il giorno dopo la loro morte, nessuno si ricorderà nemmeno il loro nome". Quanta ragione.

Tre giorni prima di lasciarci, ridendo sempre e dicendomi che finalmente "poteva dire davvero tutto quello che pensava", mi disse "Ho lottato e realizzato qualcosa: sono fiera, non lascio beni al sole, casomai
debiti. Ma ho fatto quello che volevo fare". Questo fanno i grandi, che realizzano non per il demonio dei soldi ma perché hanno capito il vero senso della vita: il senso. E il fine della vita: la Fine. E ogni momento è buono per vivere a pieno, con pienezza di sensi, con l'obiettivo di agire secondo coscienza, lavorando, impegnandosi in prima persona, mettendoci la faccia SEMPRE. Altro che i codardetti che spesso ci circondano...

Dopo queste frasi, questi ricordi che porterò dentro di me fino alla mia fine, cosa altro dovrei dire di Maria Pia? Niente altro davvero: se non, e con il sorriso sulle labbra, un grande "Grazie" per essere stata con noi e per averci illuminati, tutti, che ci credessimo o no, davvero con la luce di quel Dio che le ha dato
speranza, entusiasmo, forza fino - davvero - all'Ultimo Giorno.Un grande esempio per noi tutti. Una donna splendida il cui ricordo, davvero, non muore.

Ciao Mapi.